CON LE LAMBRETTE ALLA SCOPERTA DEL CONTINENTE AUSTRALIANO. I canguri, l'Ayers Rock, i Road Trains e tanta avventura con i due mitici scooters di Lambrate.
Di ritorno dalla nostra ultima esperienza lambrettistica nel continente americano ci siano chiesti quale potesse essere il nostro prossimo obiettivo. Un paese che disponesse di ampi spazi, bellezze naturali da scoprire e soprattutto potesse dare un senso storico/geografico al nostro desiderio di conoscere. L'Australia ci è parsa la nazione che potesse concentrare queste caratteristiche: 25 volte la superficie dell'Italia con soli 17.000.000 di abitanti, una grandissima parte (il 30%) di origine italiana. Dopo esserci dotati della dovuta documentazione cartografica, tracciamo l'itinerario che ci sembra più interessante e più coerente ai nostri gusti. Gli scooters, le stesse Lambrette dei precedenti viaggi, controllati minuziosamente, vengono spediti con i bagagli a Melbourne da dove il nostro viaggio avrà inizio e dove terminerà dopo oltre 15.000 chilometri passando Adelaide, Darwin, Perth, Port Augusta.
La preparazione del viaggio in terra australe dovrà tener conto di alcuni fattori ambientali e climatici mai incontrati in precedenza. A Melbourne infatti, quando avrà inizio il nostro raid, sarà inverno e le temperature saranno comprese tra i 2 e i 13 gradi; abbiamo quindi la necessità di utilizzare abiti sufficientemente protettivi e rendere i nostri bagagli assolutamente impermeabili alla pioggia. Salendo verso nord la temperatura salirà fino a toccare i 36-37 gradi a Darwin. Le lunghe distanze tra i punti di rifornimento richiederanno una attenta preparazione delle tappe. A Melbourne siamo ospiti di amici lambrettisti del Victoria Vintage Scooter Club che organizzano per noi una simpatica cena. Il suo presidente e factotum Joe Cusinato, di origine friulana, fa di tutto per rendere il nostro breve soggiorno il più piacevole possibile.
La partenza è fissata dall'atelier di restauro degli amici Brenton e Timbo, anch'essi contaminati dal virus della Lambretta. A salutarci ci sono alcuni lambrettisti, fotografi, cineoperatori locali e l'importatore della Vespa! Gli amici Sonia e Davide ci seguiranno con la loro auto per qualche centinaio di chilometri. Imbacuccati, iniziamo il nostro viaggio lasciandoci alle spalle Melbourne e percorrendo la Great Ocean Road verso Ovest. La strada costeggerà l'oceano antartico per diverse centinaia di chilometri; a volte si discosta per poi ricongiungersi nuovamente.
Il vento freddo, la pioggia e il salmastro del mare non ci abbandoneranno per circa un migliaio di chilometri raggiungendo le ossa. Volgendo verso nord attraversiamo le verdissime foreste di eucalipti abitat dei timidi koala, nelle radure i canguri incuriositi si lasciano facilmente fotografare. Attraversiamo le lagune costiere del Coorong National Park percorrendo una lunghissima ma insidiosa "strada bianca". Nadia, instancabile e paziente compagna dei miei viaggi, con la sua 150 D ne paga le conseguenze con una rovinosa caduta a causa di un tratto sabbioso e dell'ingombrante bagaglio; niente di grave e dopo poco siamo nuovamente in sella.
Il fondo stradale ora è ottimo, i punti di rifornimento frequenti e i motels molto confortevoli e puliti; il costo, per notte, varia dalle 50 alle 70.000 lire. La benzina costa circa 700 lire al litro e il gas per autotrazione circa 300 lire. Questo paese è ricchissimo di materie prime ed è anche produttore di petrolio e gas naturale La catena montagnosa dei Flingers Ranges ci separa da Adelaide che raggiungiamo sotto una pioggia torrenziale percorrendo una strada dapprima in ripida salita poi una discesa mozzafiato con strette curve e controcurve. Solo l'attenzione degli automobilisti ci ha permesso di non essere travolti. Infatti la scarsissima visibilità , le mani intirizzite, le visiere appannate e i freni ormai inservibili per l'acqua ci obbligavano a equilibrismi incredibili per rimanere in sella. Superato questo momento di grande tensione con le nostre cartine rese inservibili dalla pioggia lasciamo dietro di noi Adelaide e raggiungiamo Port Augusta.
Il territorio australiano fino a qui potrebbe essere scambiato per una qualsiasi parte dell'Inghilterra; infatti spessissimo i nomi geografici riportano alle origini dei primi coloni e l'attaccamento alla Corona è quantomeno pari a quello dei cugini d'oltremanica. Fattorie, bovini, ovini, verdi pascoli e zone fittamente coltivate, villaggi e piccole cittadine come si potrebbero vedere nel Galles, si alternano lungo il percorso: Port Augusta che prende nome dalla moglie del Governatore in epoca vittoriana, Lady Augusta Young, può considerarsi la porta del deserto australiano oltre che un nodo stradale di estrema importanza. E' qui infatti che si incontrano le principali arterie di collegamento tra il nord e il sud e tra l'est e l'ovest del continenente ed è un primario centro di rifornimento delle zone desertiche; un piccolo aereo postale mantiene il collegamento con le fattorie sparse nelle desolate aree centrali. Da qui l'esploratore scozzese Stuart McDouall nel 1861 partì per attraversare per primo l'Australia fino a Darwin dopo oltre 3.000 km di terre poco conosciute e in gran parte inesplorate; due anni più tardi il nord e il sud venivano collegati dal telegrafo con la posa di 36.000 pali telegrafici.
E' da questo esploratore del secolo scorso che prende nome la strada che noi percorreremo e che congiunge Port Augusta a Darwin; infatti, la Stuart Higway è un sottile nastro d'asfalto di circa 3.000 chilometri che congiunge il sud con il nord passando da Alice Spring. I lavori di adeguamento del manto stradale e il riallineamento del tracciato (che prima passava da Oodnadotta) si sono conclusi solo nel 1987 e permettono il trasporto di merci, di derrate alimentari e carburante nei due sensi. Questa arteria unica al mondo per lunghezza, viene percorsa da autocarri con tre rimorchi lunghi fino a 50 m e con 64 ruote, chiamati a ragione Road Trains. La Stuart Higway è attrezzata con speciali piazzole per la loro sosta chiamate Road Train Bay e anche le stazioni di servizio dispongono di raccordi stradali adeguati ai giganti della strada. Ci abitueremo presto a riconoscerli dal rumore dei possenti motori da 800 CV e dai pennacchi di fumo dei tubi di scarico rivolti in alto.
In condizioni normali, a causa del traffico ridotto, il sorpasso avviene con la massima sicurezza mentre quando i road trains incrociano qualche altro veicolo, non ci resta che spostarci sulla banchina. Quando provengono in senso contrario dobbiamo abbassarci per meglio resistere allo spostamento d'aria ed evitare che ci venga strappata la visiera. Procedendo verso nord la vegetazione si dirada e gradualmente i cespugli spinosi prendono il posto degli alberi. I cartelli avvertono di prestare attenzione agli animali selvatici che potrebbero attraversare la strada, un altro recita: "Benvenuti a Glendambo, 180 abitanti e 12.000 pecore!" Capiamo presto il perchè tutti i veicoli siano muniti di una robusta protezione sul davanti: le carcasse, per lo più di canguri, sui bordi della strada, sono la prova della pericolosità soprattutto viaggiando nelle ore notturne. Sulla Stuart Higway infatti, ogni giorno oltre un centinaio di grossi quadrupedi, la maggior parte canguri, vengono investiti dai veicoli. La temperatura gradualmente diventa più calda e possiamo quindi abbandonare l'abbigliamento pesante e lasciare posto alla riserva di carburante. Le tappe vengono stabilite tenendo conto dei punti di rifornimento e quando la riserva di benzina non basta per poter proseguire, dobbiamo far predisporre da automobilisti di passaggio, lungo il percorso, un piccolo deposito di carburante.
Abbandoniamo qualunque cosa non sia strettamente necessaria per ridurre al minimo il peso; ogni vite viene controllata; anche una piccola distrazione potrebbe compromettere il nostro viaggio. Ora nell'attraversamento del Great Victoria Desert rimaniamo soli con la natura, i pochi animali selvatici e ovviamente con i road trains. Attraversiamo una vastissima area militare estesa quanto un terzo dell'Italia, la più estesa al mondo, teatro di esperimenti militari. Il passaggio èpermesso ma senza alcuna possibilità di deviazione. Le nostre Lambrette con sicurezza macinano chilometri su chilometri senza dare segni di stanchezza. Raggiungiamo Coober Peedy, villaggio minerario da cui si estraggono il 95% degli opali del mondo. La temperatura si fa sempre più calda e le mosche sono veramente un flagello.
Ci raccontano che in estate qui la vita è invivibile; la gente, per lo più immigrati asiatici, per sfuggire al caldo infuocato, si rifugia nelle miniere trasformate in più fresche abitazioni; non a caso, nel linguaggio aborigeno Coober Peedy significa "bianchi che vivono nel terreno": le temperature toccano i 50 grandi d'estate e i 0 gradi in inverno! Controlliamo l'olio e, fatto rifornimento di carburante fino all'orlo, acqua e un pò di cibo, continuiamo il nostro viaggio verso nord. La luce è accecante e le braccia sono incartapecorite dal sole e dobbiamo ricorrere a creme preparate dagli aborigeni per poter procedere. Il calore è molto elevato e l'asfalto rugoso mette a dura prova i pneumatici delle Lambrette. Le forature si susseguono...e mentre sembra che nulla possa fermare questi piccoli giganti, il progressivo calo di rendimento ci fa temere di essere abbandonati proprio nel mezzo del deserto. Ormai esausti dalle troppe ore trascorse in sella e con gli occhi arrossati dal sole e dalla polvere, ci fermiamo per valutare il danno con la non troppa remota eventualità di trascorrere la notte sotto le stelle. Potrebbe essere un guasto riparabile, perché no? Non è possibile che la nostra fedele compagna si sia definitivamente arresa.
Ci accorgiamo che la guarnizione della testata si è letteralmente bruciata. Procediamo allo smontaggio approfittando delle ultime ore di luce. Fortunatamente pistone e cilindro non hanno subito alcun danno dal surriscaldamento. Ricaviamo una nuova guarnizione dalla copertina del nostro diario giornaliero e per garantire maggior tenuta utilizziamo in via sperimentale la pasta del dentifricio. In un batter d'occhio tutto èrimontato appena in tempo per vedere il sole sparire all'orizzonte. Il motore riprende a funzionare senza esitazione: il nostro esperimento è iuscito! Ripartiamo per raggiungere il villaggio più vicino, a circa 100 km, un paio d'ore o poco più. Siamo soli sulla Stuart Higway, i rapaci notturni si avventano sulle carcasse degli animali travolti dai veicoli, gli occhi degli animali selvatici si illuminano appena, colpiti dalle tenui luci delle nostre Lambrette che sembrano aver ritrovato energia. Raggiungiamo infine la stazione di servizio dove passeremo la notte. Gli australiani? Gente simpatica e ospitale, ti accolgono sempre con un gran sorriso; sono amici dal primo istante. Anche se sono di fretta ti salutano, alzando la mano e noi contraccambiamo. Tutti, incontrandoti, ti chiedono da dove vieni e dove vai e soprattutto se le tue lambrette hanno abbastanza carburante. I motociclisti entrano maggiormente nei dettagli tecnici, scuotono la testa, si congratulano e si fanno fotografare vicino agli scooterini.
A circa 250 km ad ovest della Stuart Higway si erge l'Ayers Rock. Enorme e solitario iceberg di pietra nel gran mare di sabbia, punto turistico per milioni di visitatori e soprattutto luogo sacro e misterioso per gli aborigeni. Non possiamo mancare questo luogo affascinante chiamato anche "cuore rosso dell'Australia". Giungerci con le nostre Lambrette è qualcosa di più, il veder sorgere dall'orizzonte la sagoma rossa èuna emozione incontenibile, il salirci sopra èuna gioia enorme. Devo ammettere che si è pervasi da una sensazione strana quando si raggiunge la sommità dell'Ayers Rock, oserei dire che c'è qualcosa di magico. Altri hanno avuto la stessa impressione, gli aborigeni ne sono certi. Solo molti anni prima, raggiungendo la misteriosa Tumbuctu con la mia sgangherata Land Rover, ho sentito quello che ho sentito lassù. L'occhio spazia a 360 gradi sulla pianura desertica ancora verde in questa stagione: diventerà bruna tra qualche mese. Solo in un punto l'orizzonte è interrotto dalle forme tondeggianti dei Monti Olgas. Li raggiungeremo il giorno dopo. Il nostro viaggio verso il nord procede senza inconvenienti eccetto qualche foratura che ripariamo con i nostri mezzi. Non trascuriamo di visitare i crateri formatisi dall'impatto di alcuni enormi meteoriti; dobbiamo lasciare l'asfalto e percorrere decine di chilometri su una strada non asfaltata. Un grosso cartello all'inizio mette in guardia gli automobilisti sulle difficoltà del tracciato consigliando il passaggio ai soli veicoli 4x4! Se da un lato ci sembra di chiedere troppo ai nostri scooter, dall'altra siamo sicuri di farcela anche se qualche automobilista sbigottito desiste per il fondo sabbioso che chiude le ruote.
Spingendo con i piedi e a volte scendendo dalla sella, ci aiutiamo vicendevolmente a spingere le nostre Lambrette fuori dalle trappole di sabbia. Riusciamo a raggiungere Alice Spring, centro geografico del continente, a metà strada tra Darwin e Port Augusta. La cittadina, punto di partenza per moltissime escursioni nel deserto australiano, prende nome dalla moglie dell'epico telegrafista Todd che occupò la stazione telegrafica di questo villaggio nella seconda metà del secolo scorso. I coniugi vennero trucidati dagli aborigeni che si sono sempre opposti ad una penetrazione spesso brutale perpetrata dall'Inghilterra nel periodo massimo del suo espansionismo. Alice èuna piacevole oasi, punto di sosta per il viaggiatore, capolinea ferroviario per chi viene da sud, punto strategico importantissimo durante il secondo conflitto mondiale. Trasportati fin qui dalla ferrovia, migliaia di soldati e armamenti, su convogli formati da 50 a 70 autocarri, procedevano verso Darwin minacciata dai giapponesi. Woomera, Marla, Kulgera, Erldunda, Ti Tree, Barrow Creek, Elliot, Tennat Creek, non sono solo stazioni di rifornimento con possibilità di mangiare un boccone e bere una girra gelata, ma rappresentano veri punti di riferimento per chi viaggia sulla Stuart Higway.
Collegate telefonicamente con le città più importanti possono prestare soccorso medico e meccanico in caso di avaria; dispongono di aree per la sosta di caravan e camper e molte volte confortevoli camere con aria condizionata. I viaggiatori lasciano spesso, appesi al muro, all'interno della Road House, un segno del loro passaggio, una dedica, una foto, le mostrine se è un militare, un cappello, una targa. Noi lasciamo una foto che ci ritrae a Capo Nord con le nostre Lambrette e una bandiera italiana in un altro punto di rifornimento. Superiamo il tropico del Capricorno e la comparsa dei primi termitai ci fa capire che il deserto sta lasciando posto alla savana così a poco a poco ci avviciniamo all'abitat del coccodrillo. Nella stagione delle piogge.